22 Incontri straordinari

I miei primi incontri con gli Arcani dei Tarocchi                                         nel cammino del Referenziale di Nascita   

I. Il Bagatto: “Tadadadam! Eccomi qua!” una piroetta e un sorriso… “il gioco è infinito!”       All’inizio sta il Gioco. Non si realizza la coscienza con la coscienza, ma a partire dall’incoscienza. Il Bagatto è saggio, ma non sa di esserlo. Quanta energia per iniziare, ogni volta! L’incoscienza è la condizione di base per arrivare alla Grande Coscienza dell’Infinito, come il simbolo che ha sul suo capo. Grande fiducia, gioia, vitalità, entusiasmo, leggerezza. L’incoscienza ricca di coscienza. Il principio interiore che portiamo in noi. Sa già tutto ma ha tutto da imparare, è all’inizio del suo cammino.

Il Bagatto mi parla di allegria, di curiosità, di esplorazione, di voglia di imparare, di innocenza e di meraviglia per tutto ciò che incontra… di divertimento. È pronto al cambiamento, alle novità, tutto per lui è spunto di osservazione e di apprendimento, un aprirsi alla vita che è guidato dal piacere, dalla gioia. È il bambino interiore giocoso, lo spirito del fanciullino che anche in età adulta mi aiuta a ritrovare l’entusiasmo, la meraviglia, la purezza.

II. La Papessa: “Sono Iside Velata. Sei pronto a scostare il velo? Sei pronto a vedere? Sei pronto a incontrare il mio volto?”

Disponibilità a farsi scoprire, la Conoscenza è lì, sotto gli occhi di tutti. Ma la Papessa ti chiede di prenderti la responsabilità di scostare il velo. Quando il velo non c’è, resta l’Essere, e l’Essere semplicemente è. La verità è semplice.

La Papessa offre in base alla sua qualità: offre essendo, e non dicendo. Non ha bisogno di altro se non di se stessa.

Non parla, si offre. Porge il libro. Perché qualcuno lo legga o perché qualcuno lo scriva?

Quale Conoscenza porta con sé? La vera conoscenza è innata, la portiamo dentro di noi, con noi, dobbiamo solo riscoprirla, svelarla. (Connaitre è con-naitre = nascere con). Non ci può esser data, né trasmessa.

Dunque di quale antica Sapienza è Sacerdotessa e custode? Una conoscenza segreta, una conoscenza che è parte della storia dell’uomo, ma è una via esoterica, nascosta, per pochi: è a disposizione di tutti, ma pochi la scelgono davvero: la conoscenza interiore, la consapevolezza di sé, la spiritualizzazione della materia, l’inizio della Grande Opera.

Non si può nascere davvero se non si nasce a se stessi, se non si diventa consapevoli di sé. La Papessa è la Porta della Nascita in Coscienza.

 III. L’Imperatrice: “Creo la parola, apro al gesto. Lo scettro è antenna per il Cielo, il mio trono ha ali ma è di carne. Io sono qui. Il mio Regno è adesso: posso creare nuovi mondi …e portare il mondo delle idee nella materia.”

L’Imperatrice è pacata e sicura di sé, la sua tranquillità deriva dal suo posizionamento interiore. È posata, allineata, siede in se stessa. È la Dea riconosciuta, la Madre Divina, Sacerdotessa e Vestale dell’energia femminile. Il potere le viene da altrove, la sicurezza dall’essere tramite e dono, ma senza imposizione o forzature. La sua autorità le viene dall’autorevolezza che esprime: è potente, lucida, determinata. Il Regno a cui fa riferimento è quello dei diversi piani dell’essere, dei piani visibili e invisibili. Il suo regno è dunque il legame tra i regni ed è cosciente della sua funzione di canale e di unione, di comunicazione. Il suo regno è un piano di coscienza.

L’Imperatrice mi parla di allineamento, di posizionamento, di chiarezza. In lei la consapevolezza prende coraggio e si fa espressione, la Parola acquista peso e significato, è Porta dello Spirito. Il Verbo incarnato nello Spirito Santo… La colomba, nella sua purezza, porta il messaggio della vita eterna, non c’è possibilità di fraintendimento, il messaggio è chiaro. Quando si realizza il piano dello spirito, la comunicazione da cuore a cuore, da anima a anima, la comprensione è immediata.

L’Imperatrice preannuncia Temperanza.

 IIII. L’Imperatore: “Io posso, Io voglio, Io comando, Io decido. Ma chiedi e ti sarà dato.”

L’Imperatore stabilisce un ordine, ha potere, autorità, chiarezza. È esplicito, ha una trasparenza di pensiero, segue una logica. Occupa il suo posto con dignità e scioltezza, è a suo agio, sta bene nei suoi panni… non si fa problemi. Come si diceva un tempo, “il potere logora chi non ce l’ha!”. Non deve dimostrare ciò che è, non ha bisogno di essere riconosciuto, perché lui stesso si riconosce: conosce chi è, cosa vuole, cosa può fare, qual è il suo territorio, e conosce i suoi limiti. Ha un’energia concentrata e solida che però è messa a disposizione.

L’Imperatore ama fare sul piano materiale, (organizzare, costruire, erigere, amministrare, calcolare, risolvere, delimitare, definire…), ha senso pratico, è concreto, razionale, capace.

È il Signore della Terra, governa su di essa, ma non abusa del suo potere. I suoi piedi bianchi ci riportano alla purezza, a un’innocenza che va preservata. Non c’è schiavitù o dipendenza dai beni materiali e terreni, ma libertà e non attaccamento. C’è rispetto. Per questo può gestirli. E accetta il compito, se ne assume la responsabilità. È consapevole che la materia non è un aspetto separato dallo spirito, ma la manifestazione di quell’energia.

L’Imperatore rappresenta la presa di coscienza di sé in quanto Adulto: autonomo, capace, solido, responsabile.

V. Il Papa: “Vi insegno ad ascoltare voi stessi e il vostro cuore, ad avere fiducia in voi stessi e nelle scelte del vostro cammino, che è solo vostro.”

“Ascolta la tua voce interiore, ma per sentirla devi fare silenzio…”

La via del Papa è la via del Cuore. La qualità del cuore è l’apertura, l’apertura di uno spazio. È una condizione emotiva, un sentire di poter accogliere.

La sua è la parola che nasce dal silenzio.

La parola del Papa trasmette fiducia, forza e offre rassicurazione. È un altro modo d’incontrare la struttura, diverso da quello dell’Imperatore in cui ci si confronta con le regole e i limiti.

La struttura ora è interiore ed è fatta di apertura, di spazio, di ‘calore’, di emozione, di affettività.

È il maestro che insegna e trasmette la sua conoscenza grazie alla sua relazione d’interazione con l’altro, è il pedagogo che si preoccupa della crescita interiore, non solo dei risultati o della trasmissione del ‘sapere’. Di quale conoscenza è dunque maestro il Papa? Cosa vuole trasmettere?

Non certo la propria Verità o Legge… no, questo è il suo aspetto dogmatico, e laddove c’è dogma non c’è libertà… ma quello invece che passa attraverso lui, con il suo esempio: la qualità dell’ascolto, dell’apertura, della benevolenza, della disponibilità, del rispetto per l’altro, della parola saggia e costruttiva. E le parole che vengono dal cuore le riconosciamo subito, le comprendiamo immediatamente, arrivano dirette al nostro cuore: è un parlare semplice, fatto di cose che ci accomunano, (e trovare ciò che ci unisce, non ciò che ci separa, è un buon modo per incontrare davvero gli altri!), di emozioni, di sincerità.

Ecco perche le riconosciamo vere: perché appartengono anche a noi.

VI. L’Innamorato: “Amo e sono amato. L’Amore mi pervade ed è la via verso il mio centro, e verso il centro dell’altro.”

È l’unica carta della prima iniziazione ad avere un cielo abitato, che la assimila a quelle della terza iniziazione. Tre volte è il ritmo giusto per integrare l’esperienza, ogni esperienza.

C’è un ordine preciso e una progressione anche nelle esperienze da integrare nella via dei Tarocchi, nel cammino di evoluzione umano.

Il cielo abitato rappresenta un’energia attiva collegata al Cielo. Non è un problema solo di scelta, ma di energia. Se non si è in quell’energia, aperti e recettivi, non si può scegliere davvero. Se si è aperti nel cuore ad accogliere quell’energia, allora non c’è indecisione, non c’è dubbio: sai chi sei e cosa vuoi.

L’Innamorato è temporalmente collocato nel Qui ed Ora e prende contatto con il Tutto (con la terra e le sue gambe nude, con il cielo e il sole dell’angelo, con il proprio cuore, con gli altri): è un’energia che si realizza nel presente. Molte cose vanno colte nel momento in cui si presentano, se no si perdono. È una questione di energia, nell’essere presente a ciò che accade, nel riconoscere le opportunità che ci vengono offerte, nell’essere nella pressione giusta, se no sei sempre temporalmente ‘sfasato’: o nel passato o nel futuro, o posticipi e rimandi (così ci pensi su) o anticipi. Essere invece in “tempo reale” significa essere liberi di scegliere davvero, perché si è in contatto col proprio cuore e vivi, liberi di essere se stessi, senza vincoli e doveri.

Quando scegli, incontri il tutto: le possibilità sono infinite e spesso ci si blocca a pensare di avere solo due scelte e non si è nel proprio centro, ma quando invece integro la mia presenza nella consapevolezza della scelta, trovo la mia libertà.

 VII. Il Carro: “Io voglio e posso… come Apollo porto il mio carro verso il sole e traccio la mia strada, vedo la via e so dove voglio andare.”

Per il Carro sembra importante la meta, il risultato, è ambizioso. Ma vive un paradosso: il movimento e la staticità. Deve mettere in accordo il Volere (del mentale) e il Potere (reale, concreto).

In realtà posso vivere una cosa ma anche il suo contrario, mantenendo lo stesso la mia direzione. La direzione ha più di un significato… è un vettore legato al movimento nello spazio, ma è anche una qualità di unificazione di potere, indicando chi dirige, chi comanda.

Quindi posso essere il capo o il padrone di me stesso, ‘dirigermi’ e nello stesso tempo sperimentarmi e osservarmi nelle mie contraddizioni. Posso riportami a me stesso e poi scegliere di muovermi e agire in una determinata direzione, quando ho chiaro cosa voglio e cosa posso fare.

È un arcano di azione e l’azione implica sempre responsabilità.

VIII. La Giustizia: “Sono la Verità, sono la Legge… la tua Legge: sono la Coscienza, lo sguardo infallibile e imparziale del tuo cuore, della tua anima. Ciò che sembra non è… ciò che sembra separato è invece unito.”

Chi è davvero la Giustizia? è la Legge Prima, che ordina l’universo e il Caos. È Dio. È il senso delle cose che esistono.

Non esiste l’ingiustizia. A livello umano noi percepiamo l’assenza di senso come ingiustizia, ma a un piano più alto il senso ce l’ha. Esistono molti differenti ordini di leggi, la questione è complessa.

Ma la Giustizia riverbera in noi come ricerca di senso, di armonia, nel trovare quel collegamento interiore che porta a intuire e a sentire che c’è qualcosa di più grande che si avvale delle regole, delle leggi, di un ordine, in cui ogni singola cosa ha il suo posto e tutto può funzionare perfettamente.

Si può cercare la Giustizia nell’armonia (si tendono a evitare i conflitti) e nella perfezione (si prova a essere perfetti, con molto rigore con se stessi), nella comprensione del senso della vita e delle cause della sofferenza, nella spiritualità.

Ci sono molti piani nella Giustizia: la giustizia con se stessi, la voce della propria coscienza – la giustizia umana e sociale con norme, regole e leggi – la giustizia divina, l’accettazione del non senso, della non comprensione, dei propri limiti umani.

Nel suo piano alto l’incontro con Giustizia è l’incontro con la propria anima, con la Coscienza che è la Porta della Poesia e dell’Armonia, con la Parola di Dio liberata dai limiti logici della parola.

 

VIIII. L’Eremita: “La luce che io porto e che mi guida è la verità che ho trovato dentro di me. Viaggio solo, ma non da solo, l’anima è mia compagna di viaggio, e nel silenzio ascolto la sua voce, come la voce dell’universo.”

Non c’è sofferenza nella solitudine quando questa è accolta come condizione privilegiata nell’essere in compagnia di se stessi.

C’è un incontro sensuale dell’Anima, ed è curioso che un vecchio signore ci parli in realtà di sensi e sensazioni e ci inviti a fare l’esperienza dell’anima, ad incontrare la propria anima nel corpo. L’anima è corpo, la vita ci insegna questo, e l’Eremita ce lo ricorda, e solo così diventa luce. Il sentire del corpo è così importante! La conoscenza di sé passa attraverso il corpo, la materia, le esperienze della vita, l’esperienza terrena. L’Eremita è legato alla Terra e alla figura di Merlino, oltre che a quella di Hermes. Egli entra nel proprio corpo come anima in coscienza dopo essersi specchiato e riconosciuto nella Giustizia. Celebra l’alleanza e il sodalizio interiore con la propria anima nel cammino dell’esperienza nel mondo terreno.

La sua ricerca non ha fine ed è antica come l’uomo: è la ricerca della conoscenza di sé, del senso della vita e del proprio cammino. Eterno pellegrino in viaggio verso la Stella… lui che nasconde un piccolo sole dentro di sé.

X. La Ruota di Fortuna: “Giro girotondo, gira il mondo… ma io sto ferma… eppur tutto si muove! Chi manovra la manovella?”

Come accorgersi del movimento? L’idea nuova è che quando decido di fermarmi, allora divento il maestro del movimento. Cambiare punto di vista significa innanzitutto fermarsi. Uscire fuori da uno schema significa fermarsi per osservare il movimento, cosa accade mentre sta accadendo.

La Ruota sembra collegata al Carro (e infatti il Carro ne ha ben due), e in comune hanno l’aspetto del fermarsi per poter andare avanti. Il Carro prima deve mettere in accordo i suoi cavalli, trovare la sua direzione, se no è immobile e bloccato. La Ruota anche, è fissa su un piedistallo e gira su se stessa, ma non può andare da nessuna parte. Però può avere un ritmo, un’alternanza di movimenti e velocità diverse o pause in stop.

La Ruota è la Ruota della Vita, e puoi sviluppare la consapevolezza quando ti fermi a osservare e esci dagli schemi, rompi gli schemi del movimento/immobilità. Il fermarsi consente poi il movimento nella consapevolezza. Non più concatenazioni di eventi e reazioni, di cause ed effetti, ma un’azione non automatica,  consapevole e scelta. E allora diventa creativa, innovativa, geniale, inventa cose nuove.     La ruota è un simbolo di evoluzione, non solo di ripetizione.

Se la Ruota funziona, so dove sono, prendo posizione, scelgo.

XI. La Forza: “Io ci sono. Puoi contare su di me. La mia forza è come un fiume sotterraneo che scorre silenzioso, senza bisogno di gesti plateali. È lì, in ogni momento posso attingere ad esso. Posso mostrare il mio vero volto, non portare maschere: la mia forza è la dolcezza, la gentilezza. Il mio respiro è il respiro dell’anima, il respiro universale dell’equilibrio e dell’armonia del creato.”

La forza non ha bisogno di fare o di dire per essere, semplicemente è. Respiro dell’anima, nell’essere semplicemente in comunione con se stessa e con il tutto. “Just to Be!” Ritmo più lento, calma, parole posate, uno spazio vuoto ma pieno di essere, un silenzio che è carico di significati…

C’è un circuito continuo che funziona, un’alimentazione tra esterno ed interno, la lemniscata dell’Infinito: Pace, Armonia, Equilibrio… Connessione.

Come se per essere bisognasse riempire! Spazio, Silenzio, Dilatazione…come un suono base che si espande.

La seconda iniziazione si apre con la Porta dell’Anima. È il momento in cui l’anima incarna la propria consapevolezza, si mette al suo centro. È e sa di essere. Sa e sa di sapere. ‘Essere essendo’. La consapevolezza di esistere e di essere ciò che si è. Un Vuoto che si dilata per accogliere il Pieno. Non c’è bisogno di parole e di definizioni. È un Respiro, nella sua alternanza di vuoto e di pieno. Si è in contatto, in connessione profonda con l’Essere, con ciò che è vivo in me. Non si ha bisogno di fare per essere, ma si ha bisogno di Essere per fare.

XII. L’Appeso: “Il mondo è capovolto… o lo sono io? Sono leggero, libero e senza peso… e le mie tasche sono vuote!” una risata… l’Appeso mette allegria. È un po’ il saltimbanco (o il funambolo scivolato giù?) in un ideale circo dei Tarocchi, insieme al giocoliere-prestigiatore (il Bagatto), la giostra del Luna-park (La Ruota di Fortuna), i fuochi d’artificio della Casa Dio… tutti mettono l’accento sull’allegria e il gioco, sull’apertura e i capovolgimenti… anche la risata è sovversiva, capovolge il modo di vedere le cose, permette di rovesciarne il senso, alleggerisce l’animo.

L’Appeso rinuncia al principio di gravità, al peso, alle sicurezze e alle certezze, ai punti di riferimento fissi. E così si lascia morbidamente cullare dall’aria, leggero come una piuma, volteggia libero. È più vicino alla sua anima, poiché è solo il mentale che trattiene, limita, controlla, ha dubbi e vacilla. L’Appeso vede, ha il dono della visione, è sospeso tra i due mondi, il suo sguardo è contemporaneamente dentro e fuori… vede in se stesso e vede il mondo intorno a lui, ma niente poi è come sembra…

La difficoltà è il mettersi in quella posizione, rinunciare ad avere presa e appigli (attaccamenti) e lasciar andare le proprie certezze, il controllo… fidarsi, abbandonarsi… il surrender, la resa. Soprattutto a se stessi, accettare ciò che si è, per come si è. E poi vedere e accettare il mondo. Come dice il Qoelet “nulla da togliere, nulla da aggiungere, tutto è perfetto così come è.”

Che liberazione! Non devo sforzarmi di essere nulla, di divenire nulla, di cambiare nulla! Non devo far nulla, solo essere ciò che sono! … Non mi sento più leggero? Eccome! Potrei volare!

XIII. La Senza Nome: “Sono l’eterno Presente… il Dono eterno. Cammino sul passato e preparo il futuro. Io sono l’Alchimista.”

È un arcano di azione, di movimento, di eccitazione dinamica. Ha un’energia forte, decisa, tagliente. Metà bianca e metà nera. La dualità, lo Yin e lo Yang. Non conosce mezze misure. Come il cambiamento.

È un arcano di trasformazione, ma una trasformazione nascosta, tutta interiore, che coinvolge gli strati profondi del nostro essere. È la vera Trasmutazione alchemica, la trasformazione del piombo in oro, o per lo meno, l’avvio del suo processo.

Ma non vi può essere alcuna trasformazione se non c’è consapevolezza. La trasformazione non è qualcosa che mi deve accadere, la trasformazione sono io. È l’esperienza della trasformazione che avviene in me e di cui prendo coscienza. Si vanno a toccare le strutture profonde dell’essere. C’è una spoliazione, un cammino iniziatico da compiere: una purificazione, un alleggerimento. Si lascia cadere tutto ciò che non ci appartiene davvero, che non appartiene alla nostra essenza. A colpi di falce cadono così le teste (i pensieri, le maschere, i ruoli, le identificazioni…), le mani e i piedi (azioni, obiettivi…) parti di sé che vanno lasciate andare. C’è determinazione, ma non violenza, anzi una certa dolcezza; in fondo la Senza Nome sembra sorridere, lei sa qualcosa che non non sappiamo, apre una porta che solo chi ha coraggio può varcare… e il tesoro è lì.

È la paura del cambiamento che non ci fa andare avanti, che ci blocca. È ciò che ancora non conosciamo che ci fa paura. Ma se riusciamo a dar fiducia al nostro cuore, se abbiamo fatto nostra la lezione dell’Appeso, possiamo trovare il nostro COR-aggio, riderci su, e andare avanti! Niente è così terribile come la paura di vivere!

La Senza Nome ci incute così paura perché ci mette di fronte a noi stessi, alla nostra stessa paura, non della morte, ma della vita.

Lei ci fa da specchio e sembra domandarci: “Cos’è che vedi che ti fa paura in me? Il mio Scheletro? La mia Falce?… Ti rammento la Morte?… Ma tu sei sicuro di essere vivo? O viaggi su questa terra e nella tua vita come morto, senza sapere di esserlo già?”

Il prezioso dono della Morte è la vita, la consapevolezza di essere vivi.

 XIIII. La Temperanza: “Unisco gli opposti, amo mettere in comunicazione e trovare l’equilibrio nel movimento, nello scambio… sono un canale e lavoro con l’energia divina.”

L’Angelo di Temperanza è la luce bianca. È un canale di scorrimento, nei due sensi, tra Uomo e Dio. Temperanza apre la circolazione lo scambio delle energie. Non è un filtro, lascia passare tutto, si lascia attraversare. La dinamica del flusso del movimento è la chiave, i due opposti sono il pretesto. La corrente del flusso tra le due anfore è continuo: se l’angelo si fermasse, una delle due si riempirebbe e il suo liquido traboccherebbe.

XV. Il Diavolo: mi parla di corpo, energia, sessualità, piacere, creazione. “Usa e conosci il tuo potere, affronta le tue paure nel conoscermi e nel conoscerti, e diventerai libera!”

Come riconosco il Diavolo? è seduttivo, manipolativo, pacato e suadente, con modi gentili e non aggressivi, è capace di intortarti e convincerti a fare ciò che desidera da te… Il diavolo non è mai brutto come lo si dipinge, anzi! Spesso è ammaliante, affascinante. Per questo è importante conoscere da cosa siamo sedotti, cosa tendiamo a seguire, dove perdiamo il nostro potere (di scelta), dove ammantiamo di belle vesti gli aspetti meno belli e piacevoli di noi, per non vederli.

Desiderio e paura hanno una medesima radice ed entrambi ci incatenano.

XVI. La Casa Dio: “Uno schiocco di dita… ecco! Che luce sia! Mi apro all’Infinito!”

Siamo legati all’aspetto traumatico della carta, ci vediamo crolli e cadute (ma non sono invece capriole?), ma in essa c’è gioia, leggerezza, vivacità, colore… essa è una trasmissione, o meglio un’esplosione di energia, come una grande risata, oppure un incontenibile orgasmo…

La carta ti mette a nudo, è la caduta improvvisa del velo (va oltre l’Hymen della Papessa, che è più un passaggio simbolico) e di tutte le strutture (16 è il quadrato di 4!) che hai costruito per proteggerti, difenderti, nasconderti, le tue corazze emotive e psichiche… e viene dopo il Diavolo che ti interpella su cosa è bene e cosa è male per te, e invita ad andare oltre la visione del dualismo, oltre la mente. Siamo qui nella dimensione di energia cosmica, del resto siamo nella terza iniziazione.

Sì, qualcosa crolla: l’idea di essere separati da Dio. La Casa Dio è l’Uomo: infatti 37 sono le pastiglie colorate della temperatura umana e sono in tre colori come i componenti del sangue: globuli bianchi, globuli rossi e ossigeno (blu). Il sangue è l’energia divina che circola in noi, che ci abita: la vita. E la vita è gioia! Allora cosa c’è di così pauroso in questa carta? Cosa temiamo di più se non noi stessi? Forse di scoprire la nostra appartenenza al divino, la divinità in noi. Allora cos’è che cade? Tutte le nostre idee, aspirazioni, ideali di perfezione divina. Di un Dio lontano e separato da noi da raggiungere…il Dio non è più trascendente, è immanente.

La Corona che salta è quella del principe del Carro, del resto 16 è 6+1 = 7. È uno shock, perché avviene un’illuminazione improvvisa: è una comprensione immediata, nel qui ed ora.

La Casa Dio unisce l’aspetto maschile e fallico della torre con l’aspetto femminile dell’aprirsi per ricevere. È in specchio con l’Innamorato e ci ricorda che l’apertura necessaria è quella del cuore, per permettere il passaggio dell’energia cristica e della Pentecoste: la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli riuniti in preghiera dopo la morte del maestro, che li fortifica nel compiere la loro missione e nel dar loro la capacità di parlare in tutte le lingue del mondo… è una celebrazione di rinascita.

XVII. La Stella: “Io Sono”   “M’illumino d’immenso”

Il dono si fa con il gesto, con l’azione, non con la parola… il silenzio crea lo spazio (come ci ha insegnato il Papa) e così ci può essere il dono. Un dono di luce, di amore, di condivisione… un dare senza pretendere di ricevere qualcosa in cambio. È il trascendente che vive in ciascuno di noi e che con dolcezza supera le sue paure del vuoto, dell’abisso del cielo infinito e trova la sua via per esprimersi, per perdonarsi, per donarsi. Lo spazio del dono diviene uno spazio rassicurante in cui agire e vivere il legame con la propria fonte inesauribile di vita e di energia.

XVIII. La Luna: “Porto la luce nel buio, la calma in superficie, il movimento e il mistero nel profondo…”

La Luna apre al mondo delle emozioni, a mondi sconosciuti dai contorni indefiniti, in cui ci si lasciano alle spalle tutte le sicurezze. Si passano le colonne d’Ercole e si entra nell’oceano dell’indeterminatezza, della dissoluzione, della magia… le polarità, buio e luce, si confondono.

La Luna riceve la sua luce dal sole e la riflette, la rimanda fuori. La sua luce rischiara ma non illumina del tutto, la visione è incerta: è il mondo delle illusioni, delle intuizioni, dell’immaginazione.

In Emisfero Nord la sua ambiguità comprende tutte le possibilità, pur ancora non visibili, la creatività artistica e immaginifica,  mentre in quello Sud l’ambiguità si colora di confusione, identificazione, e allora i mondi divengono illusori e menzogneri.

XVIIII. Il Sole: “Luce Splendente dell’Essere… Calore, Gioia, Vita… tutto il tuo potere è in noi!”

Difficile incontrare la luce del Sole, la dimensione dell’universale.

L’apertura all’universale passa attraverso l’incontro con gli altri esseri umani, con lo spirito di fratellanza, l’umanesimo. L’incontro con gli altri è l’incontro con la collettività, con l’umanità, con l’universale.

L’universale lo colgo anche attraverso l’umiltà: per potermi avvicinare all’altro e al Superiore devo aver incontrato me stessa, essermi conosciuta e accettata. Solo dopo il processo di interiorizzazione può avvenire quello di esteriorizzazione, rappresentato dal Sole.

Il Sole mi parla di trasmissione di energia, di calore e di vita: è l’archetipo del principio divino, del donatore universale. È la gratuità, la generosità, l’abbondanza, il nutrimento, la ricchezza, l’affettività. È Amore che tutto dona e nulla chiede in cambio…

È l’Oro della trasmutazione alchemica, infatti tredici sono le gocce, a ricordarcelo. La Grande Opera è compiuta, la prima materia si è trasmutata, l’uomo è divenuto divino.

Quando l’uomo dona se stesso, condivide ciò che è e ciò che ha, realizza la sua natura divina, risplende in tutta la sua luce.

XX. Il Giudizio: “Il potere del suono, della parola!” L’Angelo: “Ascolta… ascolta! è giunta l’ora, è il tuo momento.” La figura sotto: “Ti sento, sono qui. Rinasco a un nuovo ordine delle cose, all’armonia divina.”

L’arcano ci propone un nuovo tipo di ascolto, se no ci si blocca nel giudizio e nel senso di separatezza, nei confronti continui, io/gli altri. Il nuovo ordine di cose è un nuovo sistema, un passaggio ad un altro livello di coscienza, una vibrazione o una frequenza in cui entrambi sono in accordo. Il dialogo e il rapporto che si crea è di non differenziazione, di apertura, di risonanza, si dicono le stesse cose perché il 2 è Uno: vibrano all’unisono. Su questo piano non c’è distinzione o separazione.

Il Giudizio ci aiuta a tradurre qualcosa che viene da un’altra dimensione. Il suono ha bisogno di spazio e di apertura. La musica è armonia creatrice. La parola è veicolo di informazioni a più livelli, è anche memoria e suono, matematica e forma…

Io porto allora una parola di consapevolezza che porti consapevolezza, che chiami al risveglio della coscienza.

XXI. Il Mondo: “Tra finito e infinito, nel respiro di Dio e nel mio centro, mi apro alla pienezza del presente e alle sue molteplici possibilità.”

La conquista della materia da parte dello spirito. È un arcano di grande spiritualità, che ci chiede di elevarci di livello, di fare una salita vibrazionale. È il “corpo nuovo” che viene dopo l’arcano della Resurrezione del corpo (il Giudizio): significa passare ad un’altra dimensione di coscienza, quella del corpo causale. È la comprensione dell’evoluzione, del compimento dei cicli, della loro trasmutazione in un cosmo in divenire continuo.

C’è dunque una consapevolezza legata al compimento, alla completezza, e nello stesso tempo una rinascita dello spirito. Qualcosa si chiude e qualcosa si apre. L’ogiva o la mandorla è come un grande utero che prepara a una rinascita felice e nella gioia, non più nella sofferenza e nei limiti della materia. Si va oltre la logica del pensiero, entriamo nella logica universale, in cui paradossi e contraddizioni sono veri e possono coesistere. Come un anello chiuso che diviene passaggio e apertura.

La comunione con tutte le cose, il sentirsi parte del Tutto non ha più bisogno del corpo.

Il mondo non ha più bisogno di rappresentazioni grafiche o ideologiche, è divenuto esperienza cosciente.

(0 e 22) Il Matto: “Io sono libero! Libero di essere… Sono folle di gioia!”

Il Matto come l’Imperatore, è un costruttore. Ma mentre l’Imperatore è un Architetto, il Matto è un Creatore, un Artista, un Poeta… è il Giullare di Dio, il Folle di Dio, l’entusiasta, animato dallo spirito del presente.

Dio è in lui principio vivente e gioioso di creazione.

Il Matto integra la struttura dell’Imperatore e va oltre. È la libertà espressiva della creatività, la libertà dell’essere, oltre che del fare.

Lo specchio Luna e Imperatore ci parla di creatività, di caos creativo che prende forma e si rinnova nella struttura grazie all’ispirazione, è la riproduzione della natura nell’opera d’arte, quindi nel fare. Il Matto porta la creatività e la creazione a un altro livello, nell’essere: assume l’arte e la natura in sé e diventa lui stesso ‘capolavoro’, realizza in sé il proprio senso (e non imita e non copia nessun altro, è unico). Usa la struttura in modo non fisso e non coercitivo, non imitativo… rifonda la struttura in maniera libera, in linea con ciò che sente e ciò che vuole esprimere.

Ma cosa crea il Matto? La sua stessa esistenza. Per questo diciamo che il Matto è “il libero costruttore della propria esistenza”, la vita non ha più segreti, né limiti per lui… quello che è, realizza.              “Non so dove vado, ma so perché vado!”: è il San Camil, l’Uomo realizzato e risvegliato alla sua essenza, in eterno cammino sulla lunga strada del viaggio dell’Esistenza.

 (estratto da Rossella Ferrero, La Saggezza dei Tarocchi, pp. 3-14,   Torino 2014)

2 pensieri su “22 Incontri straordinari”

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